Jervis e il PCI contro le calate
Contemporaneamente alle visite popolari al S. Lazzaro e al lavoro
specifico per
evitare gli internamenti psichiatrici il gruppo del Centro di Igiene
Mentale di Castelnuovo
ne' Monti, in collegamento con gli altri Centri di Igiene Mentale della
provincia di Reggio, e in rapporto con i gruppi della Medicina del Lavoro,
aveva stabilito
incontri culturali e dibattiti politici con i sindacati, i consigli di
fabbrica,
e con tutte le altre organizzazioni operaie, in particolare quelle
collegate col
Partito Comunista.
Si discutevano attentamente i possibili rapporti particolari tra le
condizioni
di vita e di lavoro in fabbrica e gli eventuali rischi per i lavoratori di
divenire
clienti degli psichiatri o ospiti del manicomio.
Si era arrivati così in una riunione a Casina a un progetto di
visita al S. Lazzaro
concertato insieme tra cittadini della montagna e operai delle fabbriche
metalmeccaniche
di Reggio.
Intanto Jervis, che nel frattempo aveva preso contatti col direttore del
S. Lazzaro
Piero Benassi, e con burocrati del Partito Comunista che vedevano con
ostilità il
movimento dei lavoratori contro il manicomio, stava cercando le forze
necessarie
per fermare tutto e per liquidarmi.
Infatti in breve tempo fummo allontanati dal lavoro di Reggio sia io che
la dottoressa
Eugenia Omodei Zorini, con il pretesto di un concorso che noi avevamo
contestato
come inutile.
A proposito della vivace battaglia culturale contro il manicomio e in
critica della
psichiatria anche gli operai come i contadini della montagna avevano
espresso in
varie occasioni con discussioni e documenti il loro parere e la loro
posizione politica.
Riporto qui come esempio:
ORDINE DEL GIORNO DEL CONSIGLIO DI FABBRICA DELLA BERTOLINI
I lavoratori della Bertolini, mentre esprimono la piena
solidarietà con i 17 denunciati
per la visita all'Istituto neuropsichiatrico S. Lazzaro, riconfermano la
loro volontà
di lotta non solo all'interno della fabbrica ma anche contro tutte quelle
istituzioni autoritarie e repressive che perpetuano e intensificano a
livello sociale lo
sfruttamento psicofisico e il processo di alienazione a cui i lavoratori
sono sottoposti
nei luoghi di produzione.
Esempio tipico sono le istituzioni manicomiali che si presentano come
sacche di
contenimento come luoghi di emarginazione sociale dei
"disadattati", di tutti coloro
cioè che non hanno potuto adeguarsi ai ritmi di sfruttamento fisico
e psichico imposti
dal sistema capitalistico, e che quindi vengono considerati come
"forza-lavoro improduttiva",
come individui "inutili" e "pericolosi" per la
società.
Al di là di tutte le mistificazioni della scienza borghese che si
rivela sempre
più chiaramente come copertura delle contraddizioni e dei delitti
del capitalismo,
i lavoratori hanno capito che il problema della salute non è tecnico
ma politico,
perché investe direttamente l'organizzazione del lavoro nella nostra
società.
I contatti con i dipendenti e con gli ospiti del S. Lazzaro sono serviti
a riconfermare
che la totalità dei ricoveri ha un'origine economica e sociale, e
che i più colpiti
sono i ceti deprivilegiati, e cioè gli operai, i contadini e il
sottoproletariato.
Questo vuol dire che la Riforma Sanitaria non deve limitarsi al
perfezionamento
degli strumenti terapeutici e alla moltiplicazione delle strutture
assistenziali
ma deve tendere all'eliminazione delle cause della malattia fisica e della
esasperazione
psichica. Nei "disadattati", negli emarginati, nei vecchi degli
ospizi, i lavoratori
vedono se stessi o meglio il loro futuro, degli individui cioè che,
dopo essere stati
spremuti fino all'estremo limite della tollerabilità, vengono
rifiutati da un sistema
economico e sociale che accetta solo chi è in grado di produrre secondo le esigenze
del capitale e di adeguarsi ai modelli di vita "civile" che gli
vengono imposti.
Di conseguenza vedono nelle varie istituzioni "assistenziali" dei
luoghi custodialistici
che, proprio per le loro caratteristiche e per la loro collocazione
sociale, condannano
alla morte civile chi non ha potuto reggere allo stillicidio quotidiano
dello sfruttamento.
La stessa lotta condotta in questi giorni dagli operai della Bertolini
si muove
nella consapevolezza che è oggi necessario portare l'attacco
all'organizzazione capitalistica
del lavoro, pilastro e cuore del sistema.
La lotta contro l'uso padronale delle qualifiche è lotta contro
le gerarchie del
capitalismo. La lotta sulle qualifiche è lotta contro una
organizzazione del lavoro
alienante. Per questo i lavoratori della Bertolini, mentre rivendicano a
sé il controllo e la gestione della propria salute nella fabbrica,
come momento preventivo della
malattia fisica e del malessere psicologico, riconfermano la loro
volontà di estendere
e di imporre tale controllo a tutti i ghetti assistenziali, dagli ospedali
psichiatrici alle case di riposo ed altre simili istituzioni che la
società capitalistica utilizza
come copertura "scientifica" degli effetti alienanti del suo
sistema di vita e di
lavoro, e per garantire la sua sopravvivenza 26.
Lo stesso Jervis, che in quel periodo aveva fatto con alcuni
collaboratori del
Centro di Igiene Mentale un viaggio in Cina, mi aveva detto, nonostante la
divergenza
di idee che c'era tra di noi, che i miei concetti di una riappropriazione
del controllo
della salute da parte dei lavoratori erano simili a quelli dei "medici
scalzi" dei
villaggi cinesi; e che le mie critiche ai concetti di malattia mentale
ricordavano
"le contraddizioni in seno al popolo" di cui si parlava nelle
comuni ai tempi della
rivoluzione culturale.
E una testimonianza simile sulle vicende cinesi fu raccolta da me e da
Piero Colacicchi
ad Alassio in una conversazione con Carlo Levi.
Lo scrittore ci raccontava come aveva assistito in Cina a interventi
collettivi
per la risoluzione di difficili problemi legati al mantenimento della
salute e della
integrità dei singoli individui.
Analisi simili si trovano anche nel libro di autori vari: "Medicina
preventiva
e sociale nelle città e nelle campagne vietnamite" pubblicato
nel 1972 dall'editore
Bertani e tratto dalla rivista di Hanoi "Etudes Vietnamiennes"
nei suoi numeri dal
'65 al '72.
C'è da dire che il movimento dei lavoratori reggiani di quegli
anni ('70, '71,
'72) che è stato forse l'unico movimento popolare che si è
mosso contro le istituzioni
manicomiali, poneva vari problemi complessi di carattere politico27.
All'inizio vi avevano partecipato con entusiasmo diversi personaggi del
Partito
Comunista come ad esempio il Senatore Lusoli, i Sindaci Bombardi,
Battistessa e Valcavi,
il vice segretario della federazione reggiana Bernardi e altri.
Dopo, via via molti dei personaggi di potere si erano ritirati.
Si poneva la contraddizione tra una sinistra intesa in senso libertario
e democratico
e una sinistra intesa in senso burocratico e autoritario.
La seconda finiva per convergere con le preoccupazioni e con le idee
espresse dal
direttore dell'Istituto Psichiatrico S. Lazzaro professor Piero Benassi in
diversi
documenti diretti alla Procura della Repubblica per denunciare il movimento.
Tra questi mi sembra utile riportare, per precisa conoscenza dei
lettori, la "Relazione"
da lui inviata, in data 5 marzo 1971, al Procuratore della Repubblica di
Reggio Emilia
"In merito al numero e svolgimento delle visite effettuate a questi
Istituti da parte di delegazioni di abitanti di diversi comuni della
Provincia di Reggio Emilia".
Facendo seguito alla precedente mia del 3.3.71 Prot. n 1 - 1673/1 con la quale trasmettevo
alla S. V. per conoscenza, copia della lettera inviata alla Presidenza di
questi
Istituti, in merito all'avvenuta "visita" presso questo ospedale
da parte di abitanti del Comune di Castelnuovomonti, informo la S. V. che
precedentemente a quella
avvenuta il 3 c.m. e sopra citata, altre simili visite presso questi
Istituti sono
state effettuate nelle seguenti date:
-26.XI.1970- Visita di un gruppo di abitanti del Comune di Ramiseto.
-1 l.XII.1970 - Visita di un gruppo di abitanti del Comune di Carpineti
-30.I.1971- Visita di un gruppo di abitanti del Comune di Montecchio
Tali iniziative partite dall'intento di venire a visitare degenti originari
dei rispettivi
Comuni debordavano dagli addotti criteri originari, ma non davano luogo a
inconvenienti
di rilievo. Ciò per il numero non eccessivo dei visitatori e per
l'attento controllo che è stato possibile effettuare sugli stessi
nonostante tentativi di scattare
fotografie e atteggiamenti di curiosità morbosa alla vista dei
malati menali.
In merito a tali visite è pervenuta a questa Direzione Sanitaria una
unica protesta
ufficiale da parte di un infermiere di questi Istituti, a nome (...)
originario di
Ramiseto, in merito alla visita effettuata a sua insaputa e senza il suo
consenso
nei confronti della sorella (...) da anni degente presso questo ospedale.
Il ( ..) ha peraltro dichiarato che non intendeva promuovere azione
legale verso
i visitatori e che si riteneva soddisfatto delle assicurazioni fornitegli
da questa
Direzione Sanitaria.
Preme comunque allo scrivente sottolineare che in occasione delle visite
delle
delegazioni degli abitanti dei Comuni di Ramiseto e Carpineti, il gruppo
composito
era accompagnato da un unico laureato in medicina (non è noto se sia
in possesso
di specializzazione in psichiatria) dipendente dal Servizio Psichiatrico
Provinciale di Reggio
Emilia a nome Giorgio Antonucci.
Tale unico medico, responsabile sanitario del gruppo, sia in occasione
delle due
visite ora richiamate che soprattutto in quella effettuata il giorno 3
marzo (della
quale è stato dato ragguaglio alla S. V. con la nota del 3.3.71
Prot. n I -1673/1)
ha manifestato chiaramente un comportamento di grave turbativa in quanto
arringava e aizzava
malati e malate contro l'Istituzione, impartiva consigli ed esprimeva
arrogantemente
pareri sulle modalità tecniche di comportamento e di assistenza ai
malati rivolgendosi ad infermieri ed a medici e svolgeva un'opera
chiaramente denigratoria e diffamatoria
nei confronti dell'ospedale che in quel momento lo ospitava.
Si ritiene doveroso segnalare che su tale medico è gia stato
inviato alla S. V.
un esposto dal sottoscritto in data 19.1.1971--Prot. n 1--648/12. 28.
Forse ha ragione "Die Rattin", il ratto femmina di Gunter Grass,
quando dice rivolgendosi
all'uomo: "Fine, è finito, voi non esistete più,
appartenete al passato, vi si ricorda
come delle chimere, avete finito di cacare una volta per sempre".
Quando, durante le visite di cui il prof. Benassi si lamenta col
Procuratore della
Repubblica, alcuni gruppi di persone entrarono nei reparti dei bambini, ci
fu un
momento di grave tensione, che poteva anche risolversi in vie di fatto.
I medici e gli infermieri del S. Lazzaro vissero momenti di paura.
In pratica la gente diceva:
"Avreste potuto anche convincerci forse che gli adulti qui
rinchiusi sono pericolosi,
ma perché i bambini di quattro/dieci anni legati alle
seggiole ?"
Ricordo che la dottoressa Letizia Jervis Comba e il dottor Stefano
Mistura si erano
prodigati senza risultato per fermare la gente, che poi aveva cambiato
atteggiamento,
passando dal furore alla discussione, solo in seguito al mio intervento.
La Letizia Comba mi disse: "Tu sei un capo carismatico" e il
dottor Stefano Mistura
andava dicendo: "Questa è roba da garibaldini!".
E chiaro che l'intervento diretto dei cittadini in difesa dei propri
interessi
vitali non piaceva nemmeno agli psichiatri democratici. Infatti, a mio
parere, il
problema non è certo di passare da un tipo all'altro di psichiatri,
ma di iniziare
una cultura in cui le idee e le discipline repressive, di cui la
psichiatria è nella nostra
epoca un cardine fondamentale, siano, come direbbe Hegel,
"attraversate dalla furia
del dileguare".
La storia del trattamento dei bambini in rapporto alla ipocrisia
moralistica (o
alla moralità dei costumi) nell'intero arco della civiltà
borghese dall'Ospedale
degli Innocenti" del Brunelleschi ai nostri giorni richiederebbe uno
studio particolare
e dettagliato.
Il manicomio, accanto all'orfanotrofio e al collegio, è uno dei
principali recipienti
di raccolta. La moralità della gente perbene richiede da noi che una
parte dell'infanzia
sia trattata come immondizia.
Nell'opera "La genealogia della morale", Federico Nietzsche si
propone di dimostrare
anche con ricerche filologiche ed etimologiche che i concetti di
"buono" e "cattivo"
come gli altri giudizi legati alla moralità dei costumi sono imposti
per così dire
dall'alto, cioè sono modelli di cui le classi dominanti si servono
per soggiogare
e controllare le classi subalterne.
Così appunto i concetti di saggio o di folle, di normale o
anormale, di sano o
malato di mente, sono usati secondo i propri interessi e le proprie
opportunità da
quelli che sono delegati a mantenere stabile l'ordine costituito.
Così gli psichiatri consulenti del Tribunale d'Israele al
processo di Eichmann,
esecutore di ordini del governo, lo considerarono colpevole e sano di
mente; mentre
gli specialisti statunitensi giudicarono più volte malato di mente
il pilota americano
di Hiroshima, Heatherly, critico nei riguardi del governo.
Naturalmente la psichiatria, specie negli ultimi anni, ha elaborato
attentamente una
serie di teorie sempre più numerose anche sui bambini come oggetto
di studio clinico
di malattie mentali.
Dal patrimonio cromosomico al concepimento, alla vita fetale
all'embrione, alla
nascita, ai primi giorni di vita, alle prime comunicazioni fonetiche, tutto
è stato
messo sotto processo per trovare l'identificazione delle ipotetiche origini
della
cosiddetta schizofrenia infantile.
In questo sforzo Maleta J. Boatman e S. A. Szurek29 credono di poter
dire, tra
l'altro, che gli autori nel loro lavoro psicoterapeutico ambulatoriale
svolto con
famiglie di bambini nevrotici e con impulsi aggressivi, furono colpiti dal
fatto
che non trovarono alcun bambino disturbato, i cui genitori non fossero
anch'essi in conflitto
tra loro".
Certo noi non siamo qui per contraddire la banalità di questa
affermazione, anche
se ci preme sottolineare la genericità, l'improprietà, e la
sostanziale mancanza
di significato di concetti come "nevrotico"
"aggressività" "disturbato".
Il fatto è che una educazione autoritaria fondata sul ricatto, la
paura, le ambiguità,
e l'ignoranza (si consideri ad esempio l'intero problema della
sessualità), non ci
pare certamente la migliore per trasformare dei bambini in adulti sicuri di
sé e
contenti di vivere.
Nonostante tutto però, negli ultimi anni, tanto in Italia che
all'estero, mentre
la timidezza critica degli antipsichiatri si traduce sempre di più
in conformismo,
il potere e la cultura degli psichiatri si consolidano.
Su questa linea scrive "The New York Times" in una larga
inchiesta condotta in
più puntate nel marzo del 1986 riportando le più diverse
affermazioni ed esperienze
di famosi intellettuali e specialisti:
"In a majority of countries surveyed, schizophrenia appears to be
disproportionately
high in the poorer classes. But it is not known whether the disease actually strikes
the poor in greater numbers, or whether the afficted poor are more visible
or more
often diagnosed with what may be a stigmatizing label. And schizophrenia
often so
disables its victims that they are unable to earn a living"30.