rAn number 1, April 1992 The zine is no copyrighted for the anarchic movement, please if you use "rAn" for your publications, please send us a copy. More information in the read me file. --------------------------------------------------------------------------- The first number of rAn is focused on some publications - a diary, a weekly and a satirical magazine - published by different italian left-wing groups. The articles try to demonstrate that the language used by these papers is dogmatic and authoritarian as the institutional and the official one. --------------------------------------------------------------------------- rAn, n.1, aprile 1992 Per la liberazione dell'intelligenza ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Qualche mese fa, su un settimanale, una ingenua lettera ringraziava il cielo dell'esistenza di Cuore, Avvenimenti e il manifesto, unici spazi di liberta' di informazione nel mondo della carta stampata. Ed e' proprio a questi tre campioni di liberta' che sono dedicate le autopsie di questo primo numero di Ran (la parte riguardante Avvenimenti e' gia' stata pubblicata nel numero zero): si e' trattato di un lavoro di lettura attenta, ma soprattutto -visto il materiale- coraggiosa, fatto nell'arco degli ultimi mesi dei tre cadaveri eccellenti. Nel frattempo (31 marzo) uno di essi e' passato a nuova vita. Forse vuol dire che portiamo male? In questo numero non compare il gioco del domino (vedi numero zero) in attesa di altri interventi sulle possibili chiavi di lettura della fantascienza da un punto di vista politico e sociale. Sparse tra le pagine potrete trovare gocce di cronaca. Le sintonie di questo numero sono dedicate ai Centri Sociali Autogestiti ed i feticci alla costruzione di una societa' anarchica ed autogestionaria. Le distruzioni per l'uso suggeriscono un divertente mezzo per imbastire una corrispondenza gratuita. La controcopertina e' il nostro commento al recente carosello elettorale. Come al solito la corrispondenza va indirizzata a: Nabat, C.P. 318, 57100 Livorno. RAN ******************************************************************** Vent'anni di torti ^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Il percorso politico-editoriale di questo foglio, ormai ventennale va letto all'interno della storia della nuova sinistra italiana e del Pci-PdS. Il manifesto e' nato nel 1971, primo ed unico quotidiano alla sinistra del Pci: quattro pagine, senza foto ne pubblicita', e una grafica (per quegli anni) rivoluzionaria. Ben presto il giornale si ritaglia un ruolo nell'ambito del vasto movimento di opposizione che caratterizzera' il decennio. La nascita di altri quotidiani, "Lotta Continua" (1972) prima, "Il Quotidiano dei Lavoratori" (1974) poi e le brevi e poco significative esperienze di "La Sinistra" (1979) e "Ottobre" (1979), ridimensionano le possibilita' di diffusione del quotidiano romano che riesce comunque a sopravvivere ai concorrenti. Nei primi anni della sua vita il giornale e' espressione dell'omonimo gruppo radiato nel 1969 dal Pci, successivamente (nel 1976) diventa organo del misterioso PdUP la cui linea politica continua a restare avvolta nel piu' fitto mistero. Negli ultimi anni, definitivamente naufragata sui banchi parlamentari l'esperienza della sinistra extraparlamentare, il manifesto si "istituzionalizza" sempre piu', diventando una voce piccola, ma di tutto rispetto, nell'ambito della comunicazione ufficiale. Un sintomo evidente di questo e' dato dalla benevola attenzione con la quale, piu' o meno tutti i media si occupano delle sue periodiche crisi: vedi ad esempio il servizio pubblicato sul "Venerdi'" di Repubblica nel novembre '91 e l'articolo su "L'Indipendente" del 20/11/91. Il quotidiano ha aumentato progressivamente le copie diffuse (il manifesto e' stato tra i quotidiani che hanno tratto maggior profitto, in numero di copie vendute, dalla Guerra del Golfo) parallelamente alla perdita di credibilita' del Pci, e il suo schierarsi, durante il dibattito sulla nascita del PdS a favore del "fronte del no" gli conquista nuovi lettori. La scissione riformista vede il quotidiano sposare, anche se criticamente, le tesi di Ingrao piuttosto che la nascita di Rifondazione Comunista. Nel mese di novembre 91 il Manifesto cambia direttore, per la seconda volta in poco piu' di due anni: riprende le redini Luigi Pintor, esponente storico della sinistra del Pci e cofondatore del quotidiano. Questi avvicendamenti alla direzione sono l'espressione piu' visibile delle divergenze, per altro non nascoste (anche se pochissimo chiare) che da diversi anni angustiano il collettivo redazionale. Esse vertono, stando a quello che viene fatto sapere, soprattutto sul ruolo che il giornale dovrebbe avere all'interno della "sinistra" italiana e sul modo di organizzare il lavoro editoriale. Attualmente il giornale tira 80-90 mila copie (di cui circa 50 mila vendute, per un totale di 250 mila lettori) ed ospita inserti periodici e supplementi vari. Negli ultimi mesi due di questi ultimi, il "Gambero Rosso" e "Arancia Blu", dedicati al consumismo alimentare ed all'ecologia patinata sono stati ceduti ad altri editori. La linea politica del quotidiano e' spesso espressa attraverso le vignette del suo disegnatore Vauro: basterebbe consultare una delle sue raccolte degli ultimi anni per avere un preciso quadro delle idee che circolano all'interno della redazione. In politica estera sopravvivono alcuni miti quali il Sandinismo, eredita' dell'epopea del "Che" e, dal comico golpe di agosto in Russia e' in aumento l'interesse per Cuba, ultima spiaggia di orfani che non possono piu' sostenere neppure la Cina dopo la strage di Tien An Men. In politica interna l'interesse del giornale e' centrato sugli affari del Palazzo, interviste e servizi raccolgono e rilanciano praticamente tutte le idiozie che circolano anche negli altri giornali, questo comporta, spesso, degli inciampi come nel caso della campagna di stampa contro il presidente della Repubblica: partita in contemporanea su tutti i media "riformisti" (ma anche su alcuni di quelli rivoluzionari) e poi miseramente scemata, come era facilmente prevedibile, quando il presidente ha cominciato ad esternare anche contro il sistema di potere di cui e' genuina espressione. La campagna e' ripartita con nuovo vigore all'avvicinarsi delle elezioni, quando il capo dello stato ha iniziato a parlar male dell'infame Togliatti. Il messaggio generale che il manifesto tenta di dare ai suoi lettori si potrebbe riassumere nella frase "viviamo in un sistema complesso". Dietro questo luogo comune si nasconde tutta la forza del quotidiano e tutta la sua debolezza. Per il manifesto le uniche opposizioni degne di avere spazio nelle sue pagine sono quelle istituzionalizzate in movimenti federativi, reti e sindacati vari, quelle forze cioe' che tengono conto della complessita' e che non si perdono in velleitarismi, particolarismi e localismi. La sovversione sociale, gli spunti di rivolta -soprattutto quella individuale o di minoranze- sono praticamente assenti. Nelle pagine di politica ha periodicamente spazio invece il problema dei prigionieri politici e il giornale e' uno dei piu' convinti sostenitori di una soluzione "politica" degli "anni di piombo". Il difetto piu' grosso de il Manifesto potrebbe essere individuato proprio nel fatto che la sua critica ha perso alcuni punti di riferimento storici (il marxismo-leninismo, il maoismo e via dicendo) sostituendoli con un eclettismo che ha come unica discriminante l'ideologia sovversiva. La vecchia censura del marx-lenin-stalinismo e le sinergie con i media di Stato giocano sempre brutti scherzi e un quotidiano che si definisce libero ed autogestito dovrebbe avere piu' attenzione se non per l'Anarchismo in azione almeno per i suoi presupposti teorici diventati tra i pochi strumenti per la critica del reale ancora capaci di dare significato a quella che anche loro definiscono "radicalita'" o "antagonismo". Ma anche se periodicamente vengano presentati contributi per una rilettura della storia con strumenti critici diversi dal marxismo-leninismo, il pensiero antistatale non sfiora mai la mente di questi ex-materialisti. Nelle pagine sindacali per esempio e' sempre presente una critica anche durissima alle posizioni confederali, ma poco spazio viene dato ai tentativi di autoorganizzazione dei lavoratori che non si colleghino comunque a strutture ufficiali. Lo scarso sostegno allo Sciopero Generale indetto contro la Guerra, nel febbraio del 1991, costituisce una ulteriore e recente prova di queste posizioni, mentre eventuali polemiche interne ai Cobas & Co. sono sempre bene accette. Nel novembre 1991 il quotidiano ha pubblicato, per la prima volta, tre lunghi articoli sulle sue posizioni politico-organizzative: una inchiesta sul lavoro ed i lavoratori del quotidiano (27/11), un progetto editoriale di rilancio della testata (28/11) e delle note politiche stilate dalla "madrina" del quotidiano ("Duecento domande per chi voglia essere 'comunista' negli anni 90", 29/11). E sono proprio queste note "non" destinate alla pubblicazione a dare il miglior contributo alla comprensione della "linea" politica de il manifesto. Secondo la Rossanda il giornale e' "il solo foglio libero" degli "antagonisti", dei soggetti "autonomi (donne)", degli "ambientalisti", "dei sacrificati o frustrati o esclusi", ma e' anche capace di "essere ascoltato da soggetti imprenditoriali o piu' democratici o non monopolistici o piu' deboli e stretti dalle concentrazioni". Questa descrizione viene conclusa con la lapidaria affermazione "siamo soprattutto un giornale di opposizione democratica, radicale, popolare". Gli altri punti sono una strenue difesa della linea politica del gruppo scissionista del Pci, del loro "antiestremismo" "anticapitalistico", della "natura complessa delle societa' occidentali" (eccola!) e della funzione svolta dalla "nuova sinistra" durante gli anni '70. Ma, nonostante tutto, il lungo scritto ha anche qualche spunto piu' interessante: la critica del concetto di "autodeterminazione dei popoli" che "ha funzionato sfacciatamente come principio di autodeterminazione degli stati" e quella alla "tendenza all'autolegittimazione" caratteristica degli anni '70. Leggerlo o non leggerlo? E' il solito falso problema, leggiamo di tutto: dal "Sole 24 ore" a "il Sabato", ma e' ingenuo sfogliare questo giornale alla ricerca di qualche notizia diversa da quelle degli altri quotidiani; forse sottoponendolo ad un bombardamento a tappeto di comunicati, articoli, commenti e richieste di rettifiche potremo dimostrare ai compagni piu' ingenui come il velato invito a votare scheda bianca (comparso in prima pagina nel gennaio 1992) che tanto ha scandalizzato i suoi abituali lettori e', per il Manifesto, una mossa tattica ben precisa come nei numeri successivi si e' potuto facilmente verificare. Pepsy ******************************************************************** La difficile arte dello sciacallo ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Ne il manifesto la cultura e gli spettacoli occupano un largo spazio, pari a circa il 35-40% del totale (in base ad una rilevazione autocondotta, nel gennaio '92 questa percentuale era del 39,4%, mentre a febbraio del 37,1%), mentre negli altri quotidiani questo spazio non supera il 10-12%. Questi argomenti sono distribuiti in vari settori: -"cultura e comunicazione" (1-2 pagine quotidiane); -"arti e media" (2-3 pagine quotidiane, compresa quella della tv); -"la talpalibri" (inserto settimanale del venerdi', 4-6 pagine); -"suq" (inserto settimanale del sabato, 4 pagine); -"le carte" (spazio domenicale, 8-12 pagine); - occasionalmente anche la "talpa" (4-6 pagine) viene dedicata ad argomenti culturali. Questa preponderanza di pagine culturali e' sicuramente una delle caratteristiche peculiari del giornale, quella che, probabilmente, ne costituisce la fortuna in ambienti ad alto tasso d'acculturazione (studenti universitari, insegnanti, ecc.). Al tempo stesso, queste stesse pagine sono quelle piu' trascurate dai lettori-militanti o comunque ideologicizzati che raramente le leggono e spesso le considerano uno spreco di carta e di tempo. Questa convinzione peraltro sembra essere diffusa anche tra i redattori e i collaboratori del manifesto, visto che in quasi tutti i periodici interventi sulla vita del giornale viene sollevata la questione. I contenuti sono distribuiti in due filoni: - in "cultura e comunicazione" e nelle "talpe" trova spazio quella che si potrebbe definire la cultura 'seria'; - in "arti e media" e "suq" e' ospitata la cultura 'giovanile' e non necessariamente impegnata. Queste, perlomeno, sono le immagini tradizionali delle due aree, divise non solo topograficamente, ma dallo spirito che le anima. Cultura e frustrazione La cultura, nel senso piu' liceale del termine, e' sempre stata una presenza tradizionale del manifesto, che ha contribuito non poco a costituirne la sfigatissima fama di giornale intellettuale e palloso. Con i nuovi assestamenti degli ultimi anni, questa eredita' e' stata raccolta dalle "talpe" e da "cultura e comunicazione". I temi trattati sono quelli che si convengono ad un simposio di progressisti colti: argomenti storici e filosofici, un certo interesse per le questioni religiose (con rispetto, pero'), ricerche sociologiche, alta letteratura e buon teatro, mostre d'arte, discussioni profonde su temi politici, le ultime meraviglie della scienza e della tecnica; vengono invece trascurate le scienze umane (in particolare psicologia ed etnologia). Nel periodo da noi considerato, il 58% di questi articoli era fatto "ad occasione" (convegni, seminari, nuove uscite librarie, spettacoli teatrali, rassegne d'arte, ecc.), il 23,6% erano interventi su temi d'attualita' ed il resto erano frutto di dibattiti interni o di riflessione a schiribizzo. Il tono di queste pagine e' quello di una sinistra dotta (quasi tutti i collaboratori sono docenti o ricercatori universitari) che si schiera volentieri su temi 'sicuri', in modo marcatamente 'rispettabile', ma che diffida di stranezze ed eresie. Negli articoli filosofici e' costante il richiamo al pensiero forte; la storia sociale non esiste (la storia dei movimenti di liberazione e' la storia dei loro leaders); le avanguardie artistiche interessano solo se inscatolate nei musei; a livello scientifico si cerca di spacciare per sano scetticismo la difesa dell'ortodossia e dello status quo. Ultimamente comunque -dopo il ritorno di Pintor a direttore- il leit motiv dominante sembra la difesa del marxismo, sia come ideologia e metodo 'scientifico' che come movimento storico. Il tono di questa difesa e' agguerrito, ma acritico (sindrome dell'ultimo dei mohicani), quando non addirittura patetico: si veda l'articolo "Totalitario e' il nostro secolo" di D. Losurdo del 22/1/92, da cui si evince che gli orrori del marxismo sono serviti solo a reggere la "concorrenza" dei fascismi e delle democrazie. Arti e mode Nell'estate dell'83, sul manifesto avviene la grande svolta: l'intera ultima pagina del giornale e' dedicata a Michael Jakson e Bruce Springsteen. Viene cosi' rotta la tradizione del quotidiano che sin dalla sua nascita era rimasto impermeabile al rock e in genere a tutta la cultura 'giovanile' e 'popolare'. Dopodiche', il diluvio... "Rocky IV" che e' un film pacifista, il rap, il cyberpunk e i graffiti, le prediche televisive di Celentano, i ragazzini inglesi che si rincoglioniscono d'anfetamine e di disco-music, la pubblicita' 'trasgressiva' di Benetton, il necrologio di Abbie Hoffmann, il festival di San Remo, gli assetti societari delle grandi compagnie di comunicazione, il convegno anarchico est-ovest di Trieste, il neo direttore di Italial che ha letto Debord... tutto finisce nel circo Barnum della cultura pop di "arti e media" e "suq". L'idea (che strizza l'occhio ai situazionisti e alla nuova sociologia inglese dei movimenti marginali) in se' e' buona e affascinante: mettere assieme lo spettacolo popolare e la controcultura, cercando il filo di trasgressione che li unisce. Il risultato finale assomiglia ad una pizza indigesta troppo piena di ingredienti, dove gli hackers si confondono con i geni 'ufficiali' del computer, i Centri Sociali con i rave parties, le fanzine con Samarcanda... L'unico criterio sembra essere la 'novita'': due anni fa venivano recensiti tutti i peggio film splatter che uscivano, adesso che il fenomeno e' calato (non e' piu' a' la page) si recensiscono i nuovi film italiani, in attesa di qualcos'altro; la stessa cosa e' accaduta ai Centri Sociali che sono praticamente scomparsi dalle pagine del giornale, se non come parodistici centri di ritrovo per hip-hoppers. D'altro canto, cos'e' il "nuovo" lo dice la televisione intelligente e trasgressiva che fa fremere i cuori della sinistra pantofolaia e che da solo occupa il 24,2% dello spazio nelle pagine di "arti e media" non dedicate alla tv. L'orientamento televisivo del manifesto e' verificabile anche nella scelta dei personaggi come 'testimonials' per la campagna per l'ultima campagna abbonamenti. Su 25 comparse in tutto, 12 sono persone legate alla Rai o alla Fininvest, 7 sono collaboratori dei gruppi editoriali De Benedetti-Agnelli-Monti-Berlusconi, 3 sono legate ad entrambe (tv+editori) e l'unico indipendente e' risultato essere l'editore di fumetti Sergio Bonelli (e noi non riusciamo a capire come il creatore di Zagor possa sostenere un giornale cosi' triste). Bonelli, peraltro, e' stato anche l'unico a suscitare un minimo di polemica tra i lettori del giornale, ancora impegnati a stabilire se Tex e' di destra o di sinistra. Un piccolo mondo scemo Nell'infamissimo film sul '77 di Francesca Archibugi "Verso sera", ad un certo punto il protagonista Mastroianni (un professore universitario Pcista) dice alla sua scellerata nuora indiana (metropolitana) e femminista una storia di questo genere: "noi abbiamo scoperto Hegel, Thomas Mann, la grande filosofia... a voi abbiamo lasciato la serie B: l'oriente, il rock, la droga, la fantascienza, l'anarchia". Sul manifesto si vorrebbe far credere che le cose stiano cosi': da una parte la cultura 'seria', dall'altra i giovani e gli 'alternativi'. In realta' e' solo un piccolo mondo antico: i professori predicano, i giovanotti seguono l'ultima moda, stanno attenti a non far troppo casino e si ricordano ogni sera di santificare la tv. Peter P. ******************************************************************** Senza Cuore ^^^^^^^^^^^^ Chiusa l'esperienza di "Tango", che mai riusci' a presentarsi come qualcosa di diverso da una "pagina dei fumetti" espansa fino a diventare un settimanale, e che comunque era troppo "di partito" per svolgere un ruolo autonomo da l'Unita', "Cuore" rappresenta, negli ultimi anni, il primo tentativo organico da parte di un partito di usare la satira politica e di costume per supportare le proprie "battaglie" parlamentari. Il prodotto che ne viene fuori, se nel complesso e' abbastanza noioso, e' degno di attenzione, se non altro per la sua diffusione anche al di fuori degli ambienti che gravitano direttamente attorno al vecchio Pci. Gli autori, i vignettari, sono per la maggior parte onesti professionisti, gente che in passato ha fatto satira davvero, cattiva, dura da mandar giu', in equilibrio sul confine dell'effettivo cinismo. Poi il Pci (ora Pds) li compro', e prima con Tango e poi, in maniera piu' organica, con Cuore li pose sotto l'autorita' di grigi nomeklaturisti come Staino o, peggio, Michele Serra, che a maggior gloria del Partito e per un compenso che ci auguriamo almeno sia lauto, li spinsero a creare quel mostriciattolo che e' la "satira migliorista" di Cuore: aplomb britannico, nonviolenza, rispetto per tutti. Per coloro che non l'avessero ancora capito, questo non e' che l'ulteriore dimostrazione del fatto che il mezzo di comunicazione che veicola un messaggio (e chi ha la gestione di esso) condiziona sempre, comunque e sostanzialmente il messaggio stesso al di la' delle buone intenzioni di chi nel gioco si e' fatto coinvolgere, magari in buona fede. Disegnatori/autori che sul Male, Frizzer ecc. erano in grado di esprimere una satira che faceva spesso saltare i pretori sulle sedie, a Cuore non hanno ancora procurato uno straccio di denuncia degno di questo nome. Un settimanale di satira a diffusione nazionale che esiste da piu' di due anni e che non ha mai subito un sequestro: la magistratura italiana e' diventata di colpo spiritosa e intelligente, o piu' semplicemente questa satira, come l'opposizione parlamentare di cui e' espressione, non da' noia a nessuno? Infatti, la' dove la satira esigerebbe l'imbandigione di cinismo, causticita', mancanza di rispetto per amici ed avversari, fredda determinazione di nuocere, Cuore ci serve un tiepido vassoietto dove indignazione moralistica ed impegno civile stemperano la poca satira fino a renderla innocua. Queste tristi figure di funzionari hanno confezionato un settimanale di satira formato famiglie, buono per tutte le occasioni: carta riciclata, grafica "povera" ed un linguaggio che evita il turpiloquio (altrettanto dicasi per le vignette), ne fanno un foglio appetibile per la sinistra catalizzata e "laica" over 30; nessun estremismo ne' verbale ne' grafico. La satira degli anni '90 non dice parolacce, niente offese volgari: stile, signori. Ma "Cuore" non e' solo satira: da non perdere gli editoriali in stile cardinalizio del moralista Serra o gli interventi di Nando dalla Chiesa (generato da augusti lombi). Piccolo discorso a parte merita quella non irrilevante parte del giornale riservata alle varie forme di intervento dei lettori (almeno il 20%): -"Niente restera' impunito" e "Botteghe Oscure" titillano il narcisismo e l'esibizionismo: fondamentalmente sono un mezzuccio pubblicitario per attirare la versione sinistrese del telefonatore da quiz; -"La posta del Cuore" e' il solito guazzabuglio di umori puberali e non che si puo' trovare in qualsiasi rivista femminile e per adolescenti: azzeccato l'incarico di curatore della rubrica affidato al nauseabondo gesuita "demosinistrato" Roversi. - Un discorso a se' meriterebbe "il Giudizio Universale". Trasforma l'esibizione narcisista del "questo l'ho fatto io!" in un agone elettorale alla festival di San Remo; non credo che valga la pena di azzardare un'analisi sociologica del perche' "la Juventus" abbia piu' voti di "leccare la figa", ma una domanda e' inevitabile porsela: ma chi cazzo sono quei 300 bischeri che hanno votato per l'Anarchia? Ai posteri ect... E ora qualche numeretto, a mio avviso indicativo: dal n.41 (11/11/91) al n.4/5 (9/12/91), Cossiga appare in 40 vignette, di cui 7 in prima pagina; Cossutta in 4 e Occhetto in 1 (il Capo e' sempre il Capo); 8 volte si parla di Psi e 5 di Craxi; 12 vignette sono dedicate alla Mafia e 5 a stragi e servizi segreti. Si era, non a caso, nel pieno della campagna pidiessina per l'"impeachment". Prima di chiudere, un'osservazione sul sottotitolo: "Settimanale di resistenza umana": "Cuore" e' tutto qui. Laico, non dogmatico, non classista: "umano". Autoconsolatorio, con la sindrome del Fort Apache: "resistente". Roba da Ultimo dei Mohicani. Panurge ******************************************************************** Cose dell'altra Italia ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ C'e' un dialogo in "Fahrenheit 451" che sembra svolgersi tra due ipotetici lettori di AVVENIMENTI: - ...dobbiamo pur cominciare da qualche parte a cercar di scoprire perche' ci troviamo in questa confusione, tu, i sonniferi, la macchina, io, il mio lavoro... Noi stiamo precipitando in un burrone, Millie. E Dio sa che non voglio precipitarvi! Non sara' facile, lo so! Non abbiamo nulla a cui attaccarci...- Tale e' infatti lo stato d'animo con cui molte persone, piu' o meno di sinistra, leggono questo settimanale; ma a ben guardare, come tutte le ultime spiagge, non e' delle piu' incontaminate e salutari. Se l'informazione e' una merce da vendere, AVVENIMENTI va incontro a bisogni diversi; da una parte cerca di dire quello che gli altri mass-media non dicono, dall'altra tenta di rassicurare un pubblico politicizzato quanto psicologicamente allo sbando. La "terapia" non sembra andare oltre i limiti dello psicofarmaco che, tutt'al piu' attenua qualche sintomo. Avvenimenti, opinioni, scenari affrontati rimangono purtroppo confinati dentro una logica ultra democratica, rispettosa delle istituzioni, tendente ad escludere a priori ogni pratica che metta radicalmente in discussione l'assetto sociale. Conseguentemente l'ambito della critica risulta quello determinato dalla politica del Palazzo, con i suoi copioni ed i suoi personaggi. E' esemplare la soap-opera con Cossiga superstar, amplificata e continuamente tenuta in vita sottraendo energie ad una gia' esangue attenzione collettiva; cosi' durante cinque settimane qualsiasi, dal 13 novembre all'11 dicembre 1991, in cui e' successo di tutto, la redazione di AVVENIMENTI ha scelto Cossiga come propri a centralita', invadendo ulteriormente la nostra vita con uno spettacolo alienante che ci fa sentire ancor piu' disarmati e prigionieri di un film che, comunque vada a finire, ci vede fuori gioco. Basta esaminare, anche superficialmente, i cinque numeri -dal 44 al 48- di AVVENIMENTI in quel periodo per rendersene conto: ben 58 pagine (pari all'11,6%) parlano ossessivamente del Presidente-Blob. Delle cinque rispettive copertine, due gli sono interamente dedicate con tanto di foto (nn.44 e 47); quella del n.46 reca il suo nome e quella del n.48 e' su "Gladio", argomento sul quale viene fornito anche l'ennesimo supplemento. E qui, nonostante la sbandierata indipendenza della testata, emerge la sua subalternita' culturale a quella sinistra politica che proprio negli stessi giorni ha cercato di cavalcare, tra impeachment e campagne d'opinione, la tigre di carta -ovviamente stampata- della polemica sulla II Repubblica. Tale conformismo e' d'altronde ben riscontrabile nel linguaggio di AVVENIMENTI e dal suo disinteresse verso tutto quello che mal si concilia con la propria impostazione. Sulle 500 pagine vivisezionate viene nominata per 127 volte la DEMOCRAZIA e 5 l'AUTOGESTIONE; si parla in 60 occasioni di COMUNISMO e in 4 di FEMMINISMO; il SOCIALISMO e' menzionato 29 volte e l'ANARCHIA 2 (e in un caso, n.47 pag.28, nel senso che piace di piu' alla stampa reazionaria). PAGINE SU KOSSIGA --------------------N.44 13 pagine (13%) N.45 7 pagine (7%) N.46 7 pagine (7%) N.47 12 pagine (12%) N.48 19 pagine (19%) Totale pagine 58. Percentuale totale, su tutte le pagine di tutti i 5 numeri, delle pagine su Kossiga 11,6%. La fobia di AVVENIMENTI verso ogni "estremismo" ci ricorda quella del Pci, miscela di socialdemocrazia applicata e stalinismo dialettico, che viene peraltro rivendicata apertamente da uno dei redattori accreditati, tale Sergio Turone, in un articolo sul n.46 a pag.87: "Negli anni Settanta l'opposizione di sinistra - pur ammettendo che talune analisi condotte dai gruppi estremisti sulla degenerazione del potere conteneva elementi di verita'- fu sempre molto ferma nel condannare quella predicazione..." (sic!). Discorso questo che, senza un barlume di autocritica, ci rammenta i tempi non troppo lontani quando il Pci e Kossiga difendevano l'ordine pubblico, accomunati dallo stesso viscerale amore per lo Stato, producendo quel deserto sociale in cui oggi l'ALTRAITALIA cerca affannosamente una prova della propria esistenza. Jean Rabe ******************************************************************** Gocce Contemporaneamente all'istituzione della facolta' di "giornalismo" e poco dopo lo scandalo degli esami truccati esce in edicola un corso a puntate per imparare il mestiere piu' sporco del mondo. La struttura delle dispense non e' delle piu' originali, ricorda -per restare a tempi recenti- il breve corso apparso nel 1991 sul settimanale "Avvenimenti". Due osservazioni riguardo i primi fascicoli. La foto a pag. 68 (IV fascicolo): nell'immagine si vede la pula che alza i manganelli contro qualche decina di giovani disarmati, la didascalia recita "Scontri ad Amburgo tra dimostranti e polizia". L'opuscolo in regalo contenente (secondo loro) l'elenco delle pubblicazioni edite in Italia e' di una sufficiente comicita', ad una prima lettura abbiamo notato la mancanza tra gli altri di un diffuso quotidiano regionale, stampato a Livorno, e la presenza di un giornale a fumetti sia tra i periodici per bambini che tra quelli sportivi. --------------------------------------------------------------------------- Ogni frase ha due o piu' livelli di comunicazione: oltre al primo che e' quello manifesto (cosa si dice) c'e' un secondo, quello analogico (l'intonazione che si adopera) che serve a rafforzare il primo o a contraddirlo, provocando cosi' effetti ironici o paradossali. Il finale della canzone "La domenica delle salme" di Fabrizio De Andre' e' un chiaro esempio del termine sarcasmo: "Mentre il cuore d'Italia, da Palermo ad Aosta, si solleva in un grido di vibrante protesta". Gia' nella versione registrata in studio era facilissimo notare che le parole messe in corsivo erano pronunciate con un chiaro intento ironico, come dire: "ogniqualvolta accade qualcosa di terribilmente schifoso tutti, ma proprio tutti, si proclamano indignati (ma sono solo dei coccodrilli)". Ascoltando il pezzo dal vivo l'effetto e' ancora piu' caricato, piu' evidente. E' quindi sorprendente che ci sia qualcuno che applaude, specie se la maggioranza di questi qualcuno simpatizza per qualche partito di quelli che sostengono la civile indignazione come prassi politica costante. Delle due una: o sono talmente stupidi da non afferrare l'ironia o talmente masochisti da plaudire a chi li prende in giro. --------------------------------------------------------------------------- Delicatessen, oltre ad essere l'insegna di un negozio di specialita' alimentari e' anche il titolo di un film molto poco digeribile. A meta' tra la fantascienza del dopo-bomba e l'humor noir surrealista, la storia di un condominio cannibale va avanti tra macabri manicaretti e l'inevitabile storia d'amore. Nessuna scena splatter turba la prevedibile trama: una scenografia essenzialmente di tipo teatrale e un decente montaggio permettono di concentrarsi sulle innumerevoli gag di cui e' composto il film. Alcune di queste sono "storiche", come quella della ragazza miope che deve versare una tazza di te e sbaglia continuamente mira, o la signora che tenta inutilmente di suicidarsi con i piu' strani marchingegni. Altre piu' originali e possibili solo in un film con una trama simile: la risposta "non ho fame" alla presentazione come cibo della propria gamba. Tra gli autori Caro, nome ben noto agli aficionados del fumetto francese, che ha anche una piccola parte. Senza speranza il finale, con un pallido sole che non riesce a bucare quella maledetta nebbia (o saranno gas lacrimogeni?). --------------------------------------------------------------------------- Spot tossico. Sul nuovo spot della campagna antidroga del Governo (costo 5 miliardi di lire), ufficialmente presentato dalla tristissimamente nota Jervolino, ci si potrebbe scrivere un romanzo. Alcuni giovanotti, belli, biondi, capello corto, faccia pulita ma maschia da accademisti, corrono su una spiaggia incontaminata (del Sud Africa, per la cronaca). Abbigliamento candido, fruit e bermuda, da pubblicita' del detersivo che lava piu' bianco. Ed ecco lo slogan, "Con me hai chiuso", proprio da western - spaghetti con altre amenita' di contorno. Ovviamente in ossequio alla becera Legge Jervolino che non distingue lo spinello dall'eroina, ci continua a parlare genericamente di "droga". Figuriamoci che, secondo i cosiddetti esperti (l'agenzia pubblicitaria Ayer di Roma), i destinatari del messaggio dovrebbero essere i tossicodipendenti. Vogliamo scherzare? Esempio classico di propaganda di regime, spacciata da pubblicita' progresso. Autentica istigazione a "farsi" male. --------------------------------------------------------------------------- Nei primi anni '60 mentre l'intellighenzia progressista si faceva ubriacare dal moralismo morboso di Pasolini e dai manierismi del "Gruppo '63", nascevano i neri italiani. Non nel senso di fascisti (che -ahime'- erano gia' in circolazione da tempo), ma nel senso di fumetti: il primo e piu' famoso fu Diabolik, ma c'era veramente una marea di criminali internazionali con nomi paurosi a fargli concorrenza: Sadik, Kriminal, Satanik, Zakimort, Killing etc. Diabolik continua tuttora ad uscire in edicola, sempre piu' felicemente sposato con Eva Kant (e' dal '72, comunque, che a letto non fanno qualcosa di diverso da dormire, leggere e chiacchierare) e sempre meno cattivo. Il piu' tosto di tutti i neri, in ogni caso, era Kriminal. Biondino dagli occhi di ghiaccio, derubava e uccideva capitalisti grassoni per vendicare il padre, seduceva almeno un paio di bellone in reggicalze per puntata e la compagna della sua vita la trovo' nella calda e tenebrosa Lola Hudson, una sbarbina tutto-pepe come poche (la pur indimenticabile Lubna di Ranxerox e', al confronto, roba da "Tempo delle mele"). Creato nel 1964 da Magnus & Bunker (il duo di Alan Ford, tra l'altro ), scomparso prematuramente nel 1978, Kriminal era tornato ad uscire come ristampa tre anni fa', pubblicato dalla casa editrice di Max Bunker. Giunto a "Dramma in collegio" (n.36), l'editore comunica che la ristampa e' sospesa (e dire che c'era appena stato l'incontro con la bella Lola...) a causa dello scarso successo di pubblico. Certo, in quest'epoca grigia -in cui si rischia di considerare alternativo un programma bacchettone e poliziesco come "Samarcanda"- son tempi duri per i troppo cattivi. Noi, che da tempo siamo giunti alla fine delle buone intenzioni e che sappiamo da Aristotele che un po' di catarsi e' tutta salute mentale, non possiamo che rendere al ladro travestito da scheletro l'ultimo tributo: "Contro lo stato / contro il capital / lotta di classe / lotta Kriminal!". -------------------------------------------------------------------------- "Dove due o piu' arstisti/networkers si incontrano nel corso del 1992, li ha luogo un congresso". Con questo spirito, gli artisti postali di tutto il pianeta (o quasi) si stanno apprestando ad organizzare dei "Networker Congress" decentralizzati per permettere la massima partecipazione e far fare alla mail art un salto in una dimensione piu' sociale. "Il futuro della mail art? dopo lettere, audio, video, computer... il contatto personale" (Ruggero Maggi dixit). Per saperne di piu' su questo oggetto del desiderio, contattare: Vittore Baroni Via C. Battisti, 339 55049 Viareggio (LU) Tra i prossimi appuntamenti del "Networker Congress": a Pontemossa (BG) ci sara' "Verso il 2000 - nuove realta' dell'arte - spazi alternativi e indipendenti"(9-10 maggio), a Cairo Montenotte (SV) "Ecoarte per una nuova geografia dell'arte" (25-26 luglio), ad Adria (RO) "Il networker contro l'apartheid" (5-6 settembre). Altre informazioni sui prossimi numeri di Ran. -------------------------------------------------------------------------- Molto spesso le notizie sui virus dei computer sono false, come del resto e' nella tradizione dei media, l'ultima (in ordine di tempo) clamorosa e' stata quella del virus che avrebbe vinto tutto da solo la guerra del Golfo. Ma quando anche la notizia fosse veritiera allora scatta il meccanismo della censura, neppure i giornali per addetti ai lavori pubblicano notizie che vanno oltre la semplice segnalazione del fatto, di solito alquanto vaga, come questa: "(...) olandesi e di eta' inferiore ai diciotto anni, i ragazzi che sono riusciti, durante la guerra del Golfo, a penetrare nel cuore informatico dei calcolatori del Pentagono e ad accedere a informazioni sulle operazioni militari degli Stati Uniti. (...) i pirati hanno avuto accesso a informazioni 'cruciali, ma non protette' sulle truppe, cosi' come sui tipi e le quantita' di materiali inviati nel Golfo." (Linea EDP, XIV, 3, 31/1/92) La notizia breve che non ci risulta sia stata ancora (nel momento in cui scriviamo) ripresa dalla grande stampa sebbene sia molto piu' interessante di quella "falsa" citata prima, compare su una pubblicazione che difficilmente troverete in edicola, ma molto letta (50 mila copie) tra i responsabili dei centri di eleborazione dati. Dalla sua lettura si ricavano pochissime informazioni, viene perpetuato l'errore di confondere "pirati" ed "hackers" e si puo' notare la comicita' del fatto che non si considerino segrete (in tempo di guerra!) informazioni sulle truppe e sui materiali bellici. La notiziola sembra proprio la giusta introduzione per un discorso che verra' sviluppato in uno dei prossimi numeri di Ran riguardo ad un nuovo mito che si sta creando -anche tra i compagni- quello dell'hacker, novello robin hood che ruba l'informazione ai ricchi per darla ai poveri.